venerdì 29 giugno 2012

piccoli diritti crescono

Nelle ultime settimane - quelle con un clima mite, adatto all'uso del giardino - non è stato possibile usufruire né delle aree verdi né delle aree gioco dell'asilo Maria Pia di Savoia in via Papireto, a Palermo. O, quando è stato fatto - premettendo che si tratta di una condizione comune ad altre strutture comunali simili - le educatrici hanno lavorato e giocato in condizioni limite, facendo molta attenzione per garantire gli elementi di sicurezza obbligatori in contesti come l'asilo. Nel corso dell'anno scolastico il giardino e le attrezzature per il gioco, infatti, sono state continuamente manomesse da 'fruitori' esterni alla struttura, di età e misure superiori a quelle per le quali i giochi presenti in giardino sono stati progettati: perché, e non è una novità che sveliamo in questa lettera, nella nostra città manca la cultura dell’utilizzo dello spazio pubblico. Più di una volta, i genitori e il personale della scuola, hanno invitato questi fruitori esterni ed estranei - arrampicati su casette, scivoli e altalene - ad allontanarsi, aiutandoli a capire che quei giochi non erano adatti a loro quanto, piuttosto e normalmente, ai bambini dell'asilo.

Dopo anni di lotte per il riconoscimento di diritti fondamentali l'esperienza ci suggerisce che è inutile, se si vuole raggiungere l'amministrazione pubblica, pensare a forme di autogestione, seppur organizzata e nei limiti di sicurezza. Queste forme risolvono però il problema: permettono di andare avanti subito, e non restare in attesa dell'intervento esterno. Ecco così che si pulisce un giardino, si sistema un gioco e quant'altro necessiti di manutenzione. Ma è difficile organizzare i genitori: il lavoro, i tempi che non coincidono, le necessità di vita che non si incontrano. All'asilo però bisognerebbe lavorare tutti, per il bene di tutti i bambini. Per questo bisogna risvegliare l'attenzione dal basso, quella delle famiglie, e riportare tutto ad un piano di riferimento, orizzontale non piramidale, che tenga conto delle necessità e dei diritti di tutti. Sicché forse è più utile, in questo momento, intraprendere con la pubblica amministrazione un'iniziativa politica, proponendosi come soggetti politici (alias cittadini) competenti e organizzati, sperando che questo porti ad un dialogo costruttivo e propositivo in vista di un intervento di manutenzione e riordino degli spazi esterni all'asilo.

Siamo a conoscenza dell'impegno già preso dalla nuova amministrazione comunale in merito agli interventi di messa in sicurezza delle scuole, ma ci preme sollecitare questi interventi alla luce di uno sguardo consapevole e ampio.

Ci sembra sempre più evidente la necessità di rivedere i modelli di gestione, di partecipazione concreta e di restituzione ai cittadini del senso e del valore della dimensione pubblica e del bene comune.
Il vero senso della democrazia sta nell'interesse e nella partecipazione condivisa degli spazi e degli oggetti, beni e servizi, che tutti utilizziamo ogni giorno.
 Per questo chiediamo un'attenzione che sia alla base di ogni futuro intervento da parte dei servizi educativi, dei servizi sociali, del servizio verde pubblico, auspichiamo una costante e attenta manutenzione dell’area, esempio tra gli altri, da parte dei servizi competenti e l'interessamento di tutti coloro che in questo appello sono chiamati in causa e che, in qualità di amministratori della città, sono tenuti ad ascoltare e a intervenire.

Definiamo forme reali di partecipazione attiva, attiviamo tavoli tematici, intensifichiamo o creiamo il coordinamento dei consigli dei genitori con assemblee che siano davvero luogo di confronto e di cambiamento. Creiamo dei veri e propri contenitori partecipati a disposizione dei singoli consigli e delle scuole cittadine. Proviamo ad essere degli innovatori, a cambiare la percezione che la maggior parte delle famiglie ha del bene pubblico.

Siamo peraltro, bambini e genitori, fruitori di altri parchi con aree di playground qui a Palermo, e attendiamo che altre, chiuse alla collettività da troppo tempo, vengano presto riaperte, visto che abbiamo esercitato con frequenza le nostre doti di ubiquità per garantire la sicurezza dei nostri figli. Abbiamo più volte pulito le aree gioco, abbiamo rimosso oggetti pericolosi abbandonati da altri, e abbiamo svolto altri interventi di manutenzione. Perché crediamo nel valore del bene comune. Perché sappiamo che i luoghi di socialità e incontro sono fondamentali per la crescita dei nostri figli. Non vorremmo continuare a vivere nell’assenza di una politica di apertura consapevole degli spazi comuni sia in termini di fruizione che di organizzazione.

Alcuni particolari dello stato del giardino (nominalmente "storico") del Maria Pia di Savoia sono documentati dalle foto allegate:

















Sono di tutta evidenza:
    ⁃    Giochi scheggiati e malmessi
    ⁃    Struttura dello scivolo decadente
    ⁃    Giostra girevole priva di struttura di appoggio stabile
    ⁃    Terreno alla base dell'area gioco privo di erba o ghiaia
    ⁃    Seggiolino dell'altalena manomesso e privo di chiusura di sicurezza
    ⁃    Tappetini gommosi instabili e non contigui
    ⁃    Mancanza di targhette segnalanti l'età di utilizzo



Prima di ripensare le aree playground non solo in funzione dell'acquisto di scivoli, altalene e giostrine ma come luogo di riscontro delle abilità psicofisiche, immaginative, creative e motorie dei bambini, modificando in maniera decisiva la compilazione desueta di disciplinari in cui a "parco per bambini" debba per forza corrispondere una "riserva" omologata di attrezzature, vi chiediamo: cosa pensereste voi accompagnando i vostri figli a scuola notando questi chiari segnali di mancanza di manutenzione, nonché di disinteresse, noncuranza ed inciviltà?

L'anno scolastico volge al termine e i bambini, nostri e degli altri genitori, non hanno potuto godere pienamente - nonostante il servizio degli operatori dell'asilo che hanno cercato di mantenere un decoro nel giardino, combattendo le ingerenze esterne e la scarsa manutenzione del verde - dello spazio verde che è sicuramente un punto di forza della struttura comunale di via Papireto. Speriamo, prima dell'inizio del prossimo anno scolastico, in un intervento che dia garanzia di sicurezza, e che sia un chiaro segnale di ascolto e di presa di coscienza generale.
Disposti ad ogni forma di incontro e di scambio di proposte e certi della Vostra attenzione, inviamo saluti cordiali e un augurio di buon lavoro, sperando di annoverare anche questo impegno, che vede i bambini fruitori della città e degli spazi a loro destinati, tra i tanti e futuri traguardi che il Comune di Palermo riesca a raggiungere.

Vivian Celestino e Domenico Cogliandro, mamma e papà di Giuseppe e Gianluca


(abbiamo consegnato questa lettera all'assessore alla scuola del comune di palermo in occasione della festa di chiusura dell'asilo. bello che lei fosse lì e che questa lettera sia nelle sue mani)

Esempi virtuosi e necessari

http://lanostrascuolare.wordpress.com/
http://www.bancatempo.it/index.php

lunedì 25 giugno 2012

family


un anno fa eravamo così


non era cominciato l'asilo
non sapevamo tante parole
non conoscevamo la pasta di sale
eravamo diversi e gli altri cominciavano a capirlo veramente
non sapevano ancora che due è meglio di uno, soprattutto quando si tratta di biscotti o pezzi di pane
non conoscevamo bene il piacere di abbracci e bacetti
avevamo la testa 'meno piena' di storie e musica
non avevamo ancora assaggiato tante cose buone da mangiare
non avevamo fatto i biscotti con le formine, il pane e la pizza con la pasta madre
non avevamo ancora detto no e basta
non conoscevamo la differenza tra caldo e freddo, tra piccolo e grande

non capivamo i continui ti voglio bene della mamma
quelli sussurrati la sera o quando stiamo abbracciati
adesso siamo noi ad abbracciarla e a capire perché
non capivamo le coccole per uno o poi quelle per l'altro
è che siamo diversi e uno le vuole in un modo che all'altro magari non piace
e mamma lo sa
non capivamo la sua stanchezza e forse non la capiamo neanche adesso
non sapevamo quanto fosse bello fare le lotte con i cuscini sul lettone
fare le torri con le costruzioni di legno
completare un puzzle, anche se di pochi pezzi
non sceglievamo noi i libri da farci leggere
non conoscevamo ancora macchinine e dinosauri
non avevamo una maglietta preferita
non sapevamo i nomi di tutti quelli della famiglia, anche se non li vediamo spesso
non avevamo visto la luna e non avevamo provato a chiamarla
...
...


Kimya Dawson- You are my Baby




sabato 16 giugno 2012

la casa di maria


Vorrei parlarvi di una casa. È la casa di Maria.Vorrei parlarne perché si tratta di uno di quei posti senza tempo, che trattiene la memoria, che insegue la vita. Il portone si apre senza che nessuno chieda prima chi è.Così si entra in questa casa. È una casa che sale. Non è una casa da manuale, non ha uno stile che la posiziona nella storia. È bianca se la guardi da fuori. E basta. Ha due piani e uno in più per una terrazza. Dalla terrazza vedi mezza Palermo. Il campanile della cattedrale, la cupola della chiesa dell’olivella, di casa professa, di san giuseppe, il teatro massimo, i tetti di tante case, altre terrazze. Dalla terrazza di sopra vedi la terrazza di giù, quella con le piante, che fa sempre parte della casa di Maria e vedi pure se c’è qualcuno in casa. Non è elegante, non ha i mobili alla moda. C’è tanta luce. Ci sono tanti colori.Ci sono sedie di legno e un vecchio divano di pelle, ci sono tante piante, tante pentole, tanti mestoli, tanti contenitori. È una casa dove si cucina.  È una casa dove c’è sempre la frutta di stagione.  È una casa dove passa tanta gente. È una casa che sa fare la casa. È una casa dove si parlano tante lingue. Questa casa conosce traslochi. Vite cambiate e poi partite. In questa casa mi succede di ritrovare energie addormentate, di capire chi sono, quali sono le mie radici.  Non perché io abbia abitato questa casa, mi ha solo ospitato qualche notte. Non è necessario averla abitata per sentirsene parte. Perché questa casa contiene, ha appreso, ha udito, ha imparato, ha sperimentato, ha sentito urla di gioia, di dolore e di piacere.  Ha accolto lunghi silenzi di attesa, di sonno e di vuoto. Perché questa casa conserva senza nascondere. Ripone senza ordinare. Trattiene senza fermare. Questa casa è tutti i segni dello zodiaco. Questa casa è pregna delle persone che la abitano, ognuno ha lasciato la sua impronta, ha lasciato la sua storia, che altri continuano a raccontare.  Adoro fotografare la casa di Maria. Così com’è, negli angoli, nelle stanze, sopra, sotto. Stimola ricordi, li mescola, vuole essere impressa, sentita, guardata in tutti i suoi particolari. Ognuno di noi ha una casa nella memoria, ne conserva un pezzo perché un pezzo di vita ne ha fatto parte. E ci crediamo, sappiamo che è così.







A proposito di case e per tenere sempre vivo il nostro legame tra la vita e i libri, abbiamo scoperto La casa più grande del mondo, di Leo Lionni edizioni Babalibri.



Lo abbiamo preso dalla nostra libreria e con i due lo abbiamo letto. Una bella avventura che ci invita a semplificare, a ridurre, a rallentare come solo una vera lumaca sa fare, assaporando quello che le sta intorno. A portare con noi solo quello che serve e non ci appesantisce, ma che ci rende leggeri e semplici.
I disegni di Lionni fanno restare a bocca aperta, i due (che sono sempre giuseppe e gianluca) spalancano proprio la bocca quando vedono la casa della lumaca diventare sempre più grande. Così, senza neanche rendermene conto questa settimana tra il poco poco e il grande grande siamo entrati, in punta di piedi, nel fantastico mondo della misure. Ieri sera l'abbiamo raccontata senza libro in mano, con le parole e con i gesti, con le espressioni di stupore e di meraviglia, tutti sul letto prima di dormire e la cosa più bella di questo modo di raccontare è la loro memoria, come si conservano i particolari e i passaggi. La memoria, si, di questa è meglio averne tanta invece, e sempre di più.








martedì 12 giugno 2012

genova non è finita


GENOVA NON È FINITA.
DIECI, NESSUNO, TRECENTOMILA…
APPELLO ALLA SOCIETÀ CIVILE E AL MONDO DELLA CULTURA

La gestione dell’ordine pubblico nei giorni del G8 genovese del luglio del 2001, rappresenta una ferita ancora oggi aperta nella storia recente della repubblica italiana.
Dieci anni dopo l’omicidio di Carlo Giuliani, la “macelleria messicana” avvenuta nella scuola Diaz, le torture nella caserma di Bolzaneto e dalle violenze e dai pestaggi nelle strade genovesi, non solo non sono stati individuati i responsabili, ma chi gestì l’ordine pubblico a Genova ha condotto una brillante carriera, come Gianni De Gennaro, da poco nominato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
Mentre lo Stato assolve se stesso da quella che Amnesty International ha definito “la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”,  il prossimo 13 luglio dieci persone rischiano di diventare i capri espiatori e vedersi confermare, in Cassazione, una condanna a cento anni di carcere complessivi, in nome di un reato, “devastazione e saccheggio”, che rappresenta uno dei tanti detriti giuridici, figli del codice penale fascista, il cosiddetto Codice Rocco.
Un reato concepito nel chiaro intento, tutto politico, di perseguire chi si opponeva al regime fascista. Oggi viene utilizzato ipotizzando una “compartecipazione psichica”, anche quando non sussiste associazione vera e propria tra le persone imputate. In  questo modo si lascia alla completa discrezionalità politica degli inquirenti e dei giudici il compito di decidere se applicarlo o meno.
E’ inaccettabile che, a ottant’anni di distanza, questa aberrazione giuridica rimanga nel nostro ordinamento e venga usata per condannare eventi di piazza così importanti, che hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone, come le mobilitazioni contro il G8 a Genova nel 2001.
Non possiamo permettere che dopo dieci anni Genova finisca così, per questo facciamo appello al mondo della cultura, dello spettacolo, ai cittadini e alla società civile a far sentire la propria voce firmando questo appello che chiede l’annullamento della condanna per devastazione e saccheggio per tutti gli imputati e le imputate.
Per una battaglia che riguarda la libertà di tutte e tutti.
 
testo tratto dal sito: http://www.10x100.it 
firma l'appello: http://www.10x100.it/?page_id=19

mercoledì 6 giugno 2012

a tutta forza!

Oggi diciamo ciao a Luca. Dopo aver lottato per un anno contro un cancro al cervello è morto. Un anno, l'unico della sua vita. I suoi genitori hanno vissuto con l'unico scopo di trasferire al piccolo la certezza della guarigione, ci hanno creduto, dovevano farlo.
In questa certezza di se stessi e delle proprie forze stava la possibilità di resistere e lottare, di chiedere, di provare, di documentarsi, di aspettare e poi riprovare ancora.
Ci crederebbe chiunque.
Quello a cui non credi è che in un anno non hai fatto niente di quello che normalmente si fa con un bambino: scrutarne i cambiamenti, ascoltarne suoni, percepire i primi sorrisi, vederlo camminare, vederlo mangiare le prime pappe, guardare le sue mani muoversi e poi afferrare, le sue gambe scalpitare, strisciare e poi camminare.
No, non è stato possibile.

Perché da quando si comincia a percepire che qualcosa non va bene e dopo averne avuto la certezza, i giorni passano a scrutare miglioramenti, a volerli cogliere ovunque, anche se i numeri non ti danno ragione. Così diciamo solo ciao a Luca


Da quando ho cominciato a scrivere queste pagine ho pensato alla fortuna di avere i due nella mia vita, sani e attenti, pronti e felici. Ho condiviso il dolore di madri con bambini malati in un tempo in cui i figli non stavano per niente nei miei pensieri. Li ricordo ancora quegli sguardi piccoli e le loro madri forti. Ricordo le lunghe attese, i pianti, le parole che non davano conforto, l'impotenza. L'assenza, quando arrivava, crudele, alla quale dare un nome. Adesso che ho due figli, che loro hanno me le mie attenzioni si sono riattivate, li guardo cambiare, stare bene  estare male, giocare e scoprire. La normalità della crescita direi, con in più la volontà di mantenere la semplicità e la consapevolezza in qualunque cosa si faccia. Dai giochi fatti in casa al cibo, ai libri con i quali scopriamo il mondo, al tempo riempito o difficile da riempire, al tempo che passa, ma non invano.

Da quando Paola Natalicchio ha aperto il suo blog IL REGNO DI OP Storie incredibili dei bambini invincibili di Oncologia Pediatrica, io lo leggo.
Lo leggo commossa e grata, grata di tanta sincerità, delle parole limpide e coraggiose come il suo sguardo. Dell'empatia profonda che poi è naturale quando ti trovi a vivere vicina ad altre famiglie, con un figlio o una figlia costretti in un reparto di oncologia pediatrica. Ecco Paola riesce a trovare le parole per spiegare una cosa assurda come la sofferenza dei bambini e delle bambine. Ci prova: piangendo, rimuovendo, scappando, ritornando.
Adesso Il regno di OP è anche un libro, grazie alle Edizioni la meridiana. Tutto parte dal blog e attraversa le parole di Paola, il punto di vista dei medici, informazioni sui tumori infantili e sulle strutture alle quali rivolgersi. Come scrive Paola: Spero sinceramente che sia un libro "di servizio", utile ad accendere un po' di attenzione sulla nostra realtà di genitori di bambini oncologici. Senza paura e senza fare paura.
Il libro lo trovate qui

Grazie a Paola ho scoperto il film di Valèrie Donzelli 'La guerra è dichiarata', esce nelle sale italiane in questi giorni. La storia raccontata nel film è la vera storia della regista del suo compagno e del figlio gabriel. Non ho ancora visto il film, mi piacerebbe. Il trailer del film lo trovate qui

C'è un libro che ci piace guardare con i due (giuseppe e gianluca), è un libro che si guarda, di quelli senza parole, dove le parole le pensi e le metti tu.
Dove le parole le immagini e cambiano come cambia il palloncino rosso, che viene fuori dalla bocca di un bambino, vola in cielo, diventa mela e poi farfalla, fiore e poi ritorna al bambino sotto forma di ombrello ripara dal vento e dalla pioggia e ci fa fare lunghe passeggiate.
Il cambiamento del palloncino nei disegni è impercettibile e lento, ma poi l'immagine si definisce forte e così la storia prende una strada diversa e i bambini immaginano cosa possa succedere dopo e lo immaginano ancora. Lo immaginiamo tutti e lo speriamo, vicini, forti e rossi.

Palloncino rosso è un libro di Iela Mari pubblicato nel 1967 e edito da Babalibri nel 2004 - un book trailer del libro lo potete guardare qui https://vimeo.com/12772228

Poi se vi va guardate anche il video di Lisa Mitchell - Neopolitan dreams che fa da colonna sonora al book trailer http://www.youtube.com/watch?v=rG1F-rUyR6k&ob=av2n

Lisa Mitchell - Neopolitan Dreams