lunedì 10 marzo 2014

quello che ho capito della scuola materna



“Vorrei che all’ingresso di tutti i musei e di tutte le scuole ci fosse una scritta: 
non importa se non capisci, segui il ritmo” maria lai
dopo quasi un anno di frequenza dei due presso una scuola dell'infanzia pubblica nel centro storico di palermo, non ho capito molto.

pochi punti, fondamentali però, resteranno nella mia memoria e nei miei primi passi nel mondo della scuola che sarà ancora ricco di esperienze, speranze, lotte e delusioni.
un pò di cose le avevo scritte qui un anno fa
sarà la scadenza del 28 febbraio, termine ultimo per presentare le iscrizioni alla scuola dell'infanzia, ma torno a scrivere sull'argomento.
anche quest'anno ho visitato le scuole vicino casa, di mia iniziativa, dal momento che molte non prevedono un open day per le famiglie.
mi sono soffermata su due, vicine alla casa dove abitiamo in questo momento, fattore fondamentale visto il trasporto a piedi o in bicicletta dei due.

ora non saprei dire cosa guidi queste mie visite, quali siano i parametri di confronto con quello che credo debba essere uno spazio dedicato ai bambini, quale faccia debba avere una maestra, quale sguardo, quali parole dovrebbe usare per dirmi chi è e cosa le piace del suo lavoro.

so che ho guardato ancora una volta gli spazi, gli angoli dedicati, i colori, quel particolare modo di pensare alle cose dei bambini, una forma di cura anche questa. 
chi ha a cuore l'argomento, tra le maestre, riesce anche con poco a rendere accogliente uno spazio per i bambini che lo vivono dalle 8:30 del mattino fino alle 16. 
riesce a farlo con poco, magari chiedendo la collaborazione delle famiglie. 
chi non crede nell'importanza che l'organizzazione e la cura dello spazio abbiano nella gestione quotidiana di attività artistiche e di gioco non coglie l'elevato grado di sciatteria che trasmettono libri rotti lasciati sulle mensole di una libreria, giocattoli riposti nelle ceste come capita, pupazzi impolverati e quant'altro. basterebbe poco farlo da sole, perché è lo spazio dove ogni giorno lavori e quindi perché non organizzarlo come si deve, per accogliere i piccoli ma anche per praticità?

so che ho chiesto del tempo, di come trascorre, come attraversa la giornata dei bambini e come questi sono aiutati a percepirlo.
quello che so di queste visite è quello che non so di questo tempo a scuola,
so quello che le maestre non mi dicono (comprese le due che i miei bambini hanno imparato a conoscere nella scuola che frequentano).

so che non esiste spesso uno spazio aperto nel quale trascorrere alcune ore del giorno o, se esiste è pericoloso o fa freddo (a palermo?). 
a novembre scorso a bologna si è svolto un convegno di riflessione e confronto sull'ambiente esterno come risorsa didattica ed educativa. 
Outdoor education (l'educazione sicura all'aperto) era il titolo del convegno e si è parlato di come ... 
"Oggi il bambino è “a rischio” non per i pericoli che potrebbe incontrare nella sua vita ordinaria, familiare e scolastica, ma perché non corre alcun rischio, non impara a “mettere in gioco” le sue capacità psicomotorie naturali. Il bambino è in pericolo per inazione. La sua educazione diventa antipedagogica poiché gli vengono “sottratte” (o rese asettiche) le esperienze nella realtà-vera dove sono il corpo, il movimento, i sensi, le relazioni concrete con le cose e con le persone a guidare la sua maturazione. Il senso autentico dell’educazione è quello di aprire i campi d’esperienza al bambino, non di chiuderli."

so anche degli strumenti di cui alcune maestre si privano, forti di un'esperienza e di una formazione maturata in tempi non proprio recenti e con modalità non sempre collegate alle reali necessità dei bambini. sento il peso del tempo sulle loro idee e sulle loro proposte. sento il peso della stanchezza per alcune, o della disillusione per altre. 
so del rispetto che provo per chi fa questo mestiere
in alcuni quartieri poi sembra ancora più difficile creare una comunità che aiuti a crescere, perché è anche il contesto 'fuori' la scuola che risulta privo di punti di riferimento.
quello che non capisco è perché alcune cose non nascano spontaneamente, perché certe magie non si accendano da sole.

non capisco la maestra che mi propone il libro di testo, che mi parla della valutazione di bambini di tre e quattro o cinque anni, non capisco il programma ministeriale. 
non capisco perché non si scelga un'altra strada, valutando l'ipotesi di doversi creare gli strumenti adatti per costruirla. ci sono libertà che ancora oggi vanno salvaguardate e protette e libertà che vanno aiutate a crescere.

le mie visite finiscono con un senso di fiducia. 
ma dai, non l'avrei detto.
fiducia perché in fondo chi sono io per chiedere tutto questo cambiamento?
che strumenti ho da genitore per avviarlo? 
(all'elezione dei rappresentanti dei genitori su 23 famiglie eravamo presenti in due)
che strumenti hanno le maestre, le scuole?
che strada stiamo percorrendo tutti?


in questi giorni una strada possibile sembra quella tracciata dal gruppo nazionale nidi e infanzia  che ha lanciato una petizione, potete sottoscriverla qui e leggerla qualche riga più sotto.

la strada che percorreremo dentro la scuola proveremo a tracciarla ancora e, magari, a deviarla.

Perché si arrivi in breve tempo all’approvazione di un quadro normativo che, in coerenza con la Raccomandazione della Commissione Europea del 20 febbraio 2013, tenga conto dei diritti dei bambini e delle bambine e della crescita qualitativa realizzata dai servizi per l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia negli ultimi decenni.
Chiedono una legge di riforma del settore dei servizi educativi per i bambini e le bambine sotto i sei anni che:
Riconosca l’unitarietà del percorso educativo da zero a sei anni all’interno di una visione organica del sistema di istruzione e formazione,
Definisca le diverse tipologie dei servizi per l’infanzia e la loro natura educativa, abrogando la definizione del nido come servizio a domanda individuale,
Assicuri la qualità di tutti i servizi educativi per i bambini e le bambine sotto i sei anni, definendone come elementi irrinunciabili: la partecipazione dei genitori, la qualificazione universitaria del personale educativo e la loro formazione continua, la collegialità del lavoro, il coordinamento pedagogico; e stabilendo i requisiti organizzativi e strutturali di ogni servizio.
Chiedono una legge che:
Dia nuovo impulso all’estensione dei servizi per l’infanzia e alla generalizzazione della scuole dell’infanzia, contribuendo a sanare gli squilibri territoriali esistenti nella condizione sociale dei bambini fin dai primi anni di vita, con un apposito piano di finanziamenti che sostenga la creazione di nuovi servizi e la loro successiva gestione,
Escluda dal patto di stabilità gli interventi pubblici relativi al funzionamento dei servizi educativi per i bambini e le bambine sotto i sei anni e istituisca meccanismi stabili di finanziamento pubblico, che vedano la compartecipazione dei diversi livelli di governo alla spesa per i servizi per l’infanzia e per le scuole dell’infanzia.

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