domenica 26 febbraio 2012

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Muoversi a palermo per me significa muoversi in bicicletta, non ho mai conosciuto e apprezzato alternative. Da quando mi muovo per le strade della città con un passeggino e due bambini poi ho finito per convincermene totalmente, peccato che non abbia ancora trovato una soluzione in tal senso, o meglio: trovate ma troppo costose.
Da tempo poi cerco di capire perché lo sguardo delle donne posato sulle cose possa restituire un'immagine della realtà e in modo particolare della città, completamente diverso o forse sarebbe meglio dire sfaccettato. Così come da tempo mi occupo di progettazione partecipata con i bambini e credo che anche questo sia un punto di vista da non sottovalutare. Quello che ho capito da anni di letture, pratiche e azioni positive è che questi sono sguardi attivi sulla città (in tempi di campagna elettorale palermitana, il 4 marzo a palermo si svolgeranno le primarie del centro sinistra, poco ho letto o sentito su questi temi, su queste possibilità di cambiamento, sulle modalità da attuare perché qualità messe in campo quotidianamente in casa e al lavoro possano diventare risorsa per tutti e tutte).
Il mio rapporto con la città è diventato ancora più forte da quando la frequento con i due (gemelli) che tra un mese compiranno 2 anni.
Lo scorso anno erano le lunghe passeggiate rilassanti per loro, un pò meno per me con uno dei due nel passeggino e l'altro nella fascia, i nuovi percorsi scoperti vicino casa, le traiettorie verdi di villa giulia e dell'orto botanico, la pausa alla ludoteca di piazza marina e poi a casa a mangiare. Quest'anno è la strada che percorriamo per andare all'asilo, 20 minuti dentro il centro storico di Palermo. Ogni giorno camminando abbiamo la fortuna di poter osservare alcuni tra i più bei monumenti e angoli della città, quella rimasta ancora vivibile per certi aspetti, di convivilità intendo, forse l'elemento più bello di chi sa cosa significhi muoversi nel centro della città. Quel riconoscersi, salutarsi, comprendersi negli impegni di ogni giorno, quel modo tutto particolare di sentirsi parte di una città che poco o quasi per nulla riconosce bisogni. La città che si fa guardare accanto a quella da vivere ogni giorno: come farle incontrare? Penso ci siano posti che alimentino le relazioni sociali e politiche più di qualunque circolo o comitato elettorale e questi posti sono nelle città. E in questi posti ogni giorno c'è chi sa muoversi e sa guardare, chi riesce a raccontare la stanchezza nell'oltrepassare ostacoli di ogni tipo, la paura nel dover camminare sulla strada perché i marciapiedi sono pieni di macchine, escrementi o spazzatura. Basterebbe veramente poco, basterebbe prendersi cura di quello che ci appartiene e adoperare forme di rispetto per chi ogni giorno fatica a vivere la città solo perché minoranza. Forse è solo una questione di spazi, microspazi, percorsi, ma anche di una nuova e possibile concezione del tempo, che non deve essere per forza di cose lento, ma ben speso, ben distribuito.
Non vorrei continuare a muovermi in una città con la sensazione di dover sopravvivere e proteggere costantemente i due. Vorrei che le minoranze (bambini, mamme e passeggini, ciclisti, portatori di handicap...) venissero valorizzate, che gli spazi a loro destinati fossero evidenti ma non eccezionali, che facilitare non diventi sinonimo di sottrarre e prendersi cura non sia un lavoro da femmine, ma diventi pratica condivisa di azioni e saperi.
Due figli mi hanno proiettata verso il mondo in modo nuovo, la dimensione urbana è sempre stata al centro della mia vita, perché mi sono sempre mossa in maniera indipendente alla scoperta di questa città nuova, perché per studiare ho dovuto prima scoprire la città che è diventata la mia città, adesso lo è ancora di più perché in questa città o in qualche altra vorrei sentire i due liberi di scoprire e di avventurarsi, di diventare cittadini indipendenti e attenti, osservatori impietosi di un mondo che fa fatica a camminare allo stesso passo dei bambini.
Le mie care letture firmate Bassanini e Marinelli adesso le riprendo con uno spirito nuovo ma sempre acceso e denso di volontà.
Letture che hanno ispirato questo post e il video che segue, cliccate qui per vederlo.
Questo post sostiene passeggini alla riscossa e babyfriendly due belle storie di r_esistenza attiva nelle città.

4 commenti:

  1. Crissima Vivian, complimenti per il tuo video, credo che te lo chiederò per farlo vedere in giro.
    Parli di minoranze, ma se sommiamo tutte le categorie che citi, in realtà parliamo della stragrande maggioranza di noi. Parliamo della vulnerabilità dei corpi che è un dato che appartiene a tutte e tutti.
    E' per questo che è scaduta quella che si chiama "qualità della vita urbana", proprio perché il parametro della vulnerabilità non è preso a unità di misura per la costruzione degli spazi, dei tempi e delle norme della città.
    Annalisa

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    1. è vero non siamo minoranze
      siamo corpi, bisogni, volontà,siamo persone che danno senso agli spazi della città.

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  2. Bellissimo post, complimenti. Se le città fossero veramente progettate coi criteri che dici tu, sarebbero dei grandissimi e bellissimi spazi aperti, dove per aperti intendo vivibili e vissuti da tutti. Avrebbero tutto un altro calore, le città.
    Ed è perchè ancora siamo lontanissimi da questo modello che io e tante altre persone come me invece si sono "ritirate" a vivere in campagna o in comuni più piccoli, dove se non altro c'è meno traffico (ma non è detto che la mentalità sia diversa... a volte sento dire "quando sono a firenze devo prendere l'autobus, almeno qui voglio poter fermarmi con la macchina sotto il bar e poi sotto il fornaio e sotto il lattaio..." senza considerare che alla fine rendi il piccolo paese invivibile come la città più grande...

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    1. grazie francesca e benvenuta su 2%
      anche questo un piccolo posto dove riconoscersi, salutarsi, scambiarsi idee... a piedi o in bicicletta!

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